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Social addio, mi riprendo la mia vita, nasce la "no like Generation".






Mettere a confronto le foto fa riflettere.

Le generazioni attuali, nate con il telefono in mano, rischiano di non vivere mai il vero sano divertimento di bambini della loro età. Non è questione di "cambiamento sociale" ma è una questione di necessità legata all'età evolutiva del bambino.

Nel 1962 un gruppo di psicologi fondarono l’Associazione della psicologia umanistica, con a capo il suo creatore, il dottor Abraham Harold Maslow, collocato dal giornale scientifico The Review of General Psychology al decimo posto tra gli psicologi più citati del XX secolo.

Secondo Maslow, c'è una gerarchia di bisogni, da quelli più basilari ed elementari a quelli più astratti e complessi.

I primi bisogni fondamentali di ogni bambino, intorno ai quali gravitano gli altri, sono quelli fisiologici:

  • La respirazione;

  • L’alimentazione;

  • Il sonno.

Seguono gli altri bisogni che hanno un significato psicologico centrale per la crescita interiore:

  • Sicurezza, che motivano a ricercare protezione e contatto;

  • Appartenenza e amore, che conducono a comportamenti volti a dare e ricevere amore;

  • Stima e riconoscimento, con comportamenti e atteggiamenti tesi a ottenere il riconoscimento da parte degli altri per le nostre azioni, influenzando la nostra autostima;

  • Auto-realizzazione, che portano a comportamenti e atteggiamenti volti ad esprimere le nostre potenzialità, la creatività, la spontaneità, anche al fine di poter comprendere meglio noi stessi e il mondo che ci circonda.

Ma quanto tempo passano i nostri figli dialogando con i genitori e con gli amici e quanto tempo lo fanno attraverso lo smartphone? Purtroppo il dialogo è diventato solo ed esclusivamente digitale, peccato!


Foto di <a href="https://pixabay.com/it/users/colin00b-346653

Sfido chiunque legga questo articolo e abbia un'età abbastanza superiore all'adolescenza, che non ricorda i bei pomeriggi passati con gli amici alle panchine del parco, o sul muretto sotto casa, o nella piazzetta del proprio quartiere, o alla gelateria del paese, a chiacchierare di tutto: scuola, famiglia, nuovi amori, amicizie.

Ci si confrontava con i coetanei su sentimenti, sulle brutte figure che si facevano e sulle emozioni che provavi per qualcuno ma non riuscivi a tirarle fuori per la timidezza. A volte si litigava, ci si coalizzava e poi tutto tornava come prima.

Era un piccolo mondo reale che ti insegnava ad affrontare la grande vita da adulti, prendendo schiaffi ma anche ottenendo trionfi.

Questa era la vita vera, quella bella, fatta di sguardi dritti negli occhi, di fragorose risate, di emozionanti rossori sulle guance alla vista della persona di cui ti eri innamorata/o, di pacche sulle spalle di incoraggiamento, di abbracci affettuosi per consolarti. C'era contatto fisico, mentale, emotivo. Era bellissimo e lo è ancora per chi ha vissuto il passaggio e sa benissimo come si è goduto l'adolescenza e quanto di bello c'era in tutto questo.



Oggi, invece, i ragazzi non hanno più punti di ritrovo "fisici", ma solo virtuali: i social, dove nascondono tutto...emozioni, timidezze, gioie, allegria, timori, ansie. Credono che questo sia il modo giusto per affrontare la realtà, perché purtroppo diversamente non sono capaci.

Vengono ingoiati da un vortice di apparenza: balletti da "Veline" per ottenere like che ti fanno sentire una regina, ma in realtà sei una povera sfigata che domani se sbagli un balletto o una foto o un post, vieni inevitabilmente bullizzata da una miriade di persone che neanche ti conoscono e che si permettono di giudicarti. Ma ne vale la pena? stare sempre in agitazione se ti hanno messo un "mi piace" o se c'è una critica, vivere costantemente a vedere short video senza senso che dimostrano scene ridicole, dispetti fatti agli amici, giochi idioti ai danni di animalisti domestici... ha davvero senso tutto ciò?


Foto di <a href="https://pixabay.com/it/users/ijmaki-1797813

Prima dell'era digitale, se avevi qualcosa da dire a qualcuno ti scontravi faccia a faccia, si creavano le fazioni, chi a favore, chi contro, ma durava il tempo di una discussione...poi tutto taceva. Ora il divertimento della presa in giro senza pietà non finisce mai, finché sei nel web, sei un bersaglio, finché sei dentro, sei nel mirino di tutti.

Per fortuna alcuni adolescenti iniziano a comprendere la scarsità di connessioni umani in questo mondo virtuale legato ai social e hanno creato un'associazione emergente che rifiuta e abbandona lo smartphone, dando vita al Luddite Club.


Nato in America, a Brooklyn, da una studentessa di liceo, Logan Lane, che ha deciso che la dipendenza dai social stava diventando malsana e insopportabile.

La confraternita di adolescenti rifiuta la tecnologia e la sua fagocitante dipendenza da essa.

Prende il nome da Ned Ludd, un operaio tessile inglese, che nel XVIII secolo, come forma di protesta contro l'industrializzazione, diede vita al Luddismo, un movimento che vedeva nell'utilizzo di nuovi macchinari tecnologici, la causa principale di disoccupazione e salari ridotti.


Oggi questo gruppo nascente di giovani si incontra ogni domenica al parco e anche presso la scuola il martedì: chiacchiera guardandosi in faccia, disegna, dipinge, suona strumenti musicali, legge libri di Boezio o Dostoevskij o Jack Kerouac, si confronta, gioca, sistema amache per leggere, pensa al futuro e a quale tipo di università iscriversi, il tutto senza il telefono.

A loro parere, il ritorno a una vita disconnessa è una vera e propria liberazione, sono tornati a scrivere e a essere creativi, a usare il cervello.


E' segno di un malessere che stiamo vivendo: da giocherello perditempo a sostituto della realtà, quelli che riescono a distaccarsene ritornano a una vita davvero più rilassante ed emozionante.

In passato, c'era la moda del "digital detox" (svegliarsi e non guardare il telefono per almeno un'ora, disattivare le notifiche inutili, non utilizzare lo smartphone a tavola, eliminare contatti e pagine che non fanno stare bene, prova a fare meno foto e a goderti di più il momento, ecc ecc.).

In qualche modo l'essere umano prima o poi predilige la vita vera (lo dimostra anche il flop del Metaverso).

"Mi sono cancellata da Instagran, la mia vita social mi stava consumando"

" Mi addormento persa tra i miei pensieri e non imbambolata dalla luce blu dello smartphone"

Le parole di Lane che ha chiuso il telefono in una scatola e per la prima volta camminando per la strada ha apprezzato la natura, i murales, le abitazioni che prima neanche vedeva, avendo sempre la testa china sullo schermo, sono un incoraggiamento a chi oggi è titubante.



C'è chi li definisce "disadattati", ma loro sono felici e anche i loro genitori, che hanno preso esempio dai figli, disconnettendosi.

Avere il coraggio delle proprie idee, quando vanno contro la maggioranza, quando vanno contro un sistema che ormai vuole spingerci a vivere di realtà virtuali, è segno di grande intelligenza e forza di carattere. Abbiamo bisogno di giovani così.


Victor Hugo diceva "Nessun esercito può resistere alla forza di un’idea il cui momento è arrivato."


Ora è arrivato il momento, forza ragazzi!

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